In questa pagina: aforismi, frasi e riflessioni.
All’imbrunire sulla battigia le idee prendono la loro forma più tangibile.
Dunque se vi siete incamminati sulla battigia ed avete voglia
di lasciare la vostra impronta su questa sabbia,
potete aggiungere il vostro pensiero nei commenti,
e i vostri aforismi o le riflessioni più belle e che ben si sposano
con la brezza di questa battigia,
entreranno a far parte della battigia del naufrago!
(*) Per aggiungere il vostro pensiero, scorrere tutti i commenti fino a toccare il fondale della pagina.
198 COMMENTI
Una cosa strana che mi sta accadendo in questi giorni è, che spero sempre che non arrivi il mio turno di fare la spesa, o che arrivi la notizia che posso ritornare al lavoro, o alla normalità. Devo ancora capire perché mi sta facendo così tanta paura il mondo la fuori?! Perché quando esco per i beni di prima necessità, ho un’ansia tremenda e non vedo l’ora di tornare a casa?! Questa paura di affrontare la vita non va bene. È proprio vero che più resti a casa, più ti piace starci, e più preferisci guardare il mondo dal divano che viverlo davvero. Ho capito che non sta succedendo solo a me. Ognuno si è fatto una propria routine a casa. Tempo per se stessi. Tempo. Quanto tempo abbiamo sprecato dietro a persone, occasioni, soprattutto al lavoro, quante cose belle o hobby, cose che ci facevano star bene, abbiamo accantonato perché troppo stanchi?! Finalmente possiamo fare “tutto”. Leggere quel libro, guardare quella serie, provare a smettere di fumare, imparare a suonare uno strumento… forse è proprio questo che fa paura?! Finalmente abbiamo capito che la priorità siamo noi, le cose e le persone che amiamo, e che il mondo la fuori ce l’ha fatto dimenticare… e ci fa paura, di diventare come eravamo prima.. circondati di molti beni materiali e poca sostanza. Finalmente “siamo” e non “abbiamo”…
Oggi è Pasqua. Cristo è uscito dal sepolcro e noi siamo chiusi in casa. Ancora. Cristo è risorto. E noi? Qui, ancora, a passeggiare sul terrazzo. Mentre cammino immerso nei miei pensieri, scorgo un gatto. Uno splendido persiano sbuca dalla ringhiera di un balcone lontano. Guarda giù, interessato a qualche passero o piccione. E, improvvisamente: lui. Quel Ricordo. Ero piccolo, avrò avuto nove o dieci anni. Ciondolavo d’estate da solo, vicino al piccolo prato sotto casa. Ad un tratto, sento uno strano odore. Pungente, sconosciuto. Mi chiedo cosa sia. Lo seguo d’istinto e guardo con attenzione tutt’attorno. E lo vedo. È la prima volta che riesco ad ammirare i suoi denti bianchissimi, i canini aguzzi. La morbida pelliccia bianca e grigia ispira una carezza ma lui, oggi, ha quell’odore. Sta lì, immobile, vicino al marciapiede. Corro a casa, velocissimo : “Mamma! In strada c’è un gatto morto!”.
Morto
/mòr·to/
aggettivo e sostantivo maschile
1. L’individuo nel quale si è avuta definitiva e totale cessazione delle funzioni vitali: un uomo, un gatto m.; molto comune in espressioni iperboliche per sottolineare un’estrema spossatezza o mancanza di forze.
Appena pronuncio quella parola, mi sorprendo. È la mia prima volta.
La prima volta che la vedo, che ne parlo. È così, dunque? È questa? Immobile, puzzolente, eterna? Ma da dove mi è uscita questa parola? Che ne può sapere un bambino? Il giorno dopo ritorno a guardarlo. È sempre lì. Immobile. L’odore è ancora più forte e io ho l’impressione che se mi avvicino troppo e lo respiro, potrei ammalarmi. Ma non resisto e rimango lì, trattenendo il fiato o coprendomi il naso con la maglietta. Mia mamma ha già chiamato il Comune, che venga a prendere quella carogna. Siamo d’estate e bisogna fare presto. Ma non s’è visto nessuno e io sono libero di tornare là per la mia osservazione. Mi sembra cambiato, quel povero micio. Non so perché ma lo vedo differente, forse gli occhi, non so, o la sua pelliccia. Lo guardo e lo riguardo, e all’improvviso un brivido mi fa indietreggiare. La sua pancia, sembra trasparente, ma no, non sto sognando, si muove. Com’è possibile? Mi sembra di avere la febbre, le mie pupille si restringono perché spalanco gli occhi. Un movimento brulicante si muove all’impazzata sotto la pelle del felino, e credo di capire …. vermi. Nascosti, vivi, bianchi, una vita dentro la morte che non pensavo possibile. Mamma, ma da dove sono arrivati? Saranno stati centinaia! Non sono arrivati, mi spiega lei, si formano da soli quando la carne marcisce. Rimango immobile e ci penso su. Sarà il mio passatempo più importante, nei prossimi giorni, vedere come va a finire. Nessuno se ne accorge, solo io sembro vivere questa avventura eterna, di vita e di morte, sul marciapiede sotto casa. Passano i giorni e il Comune non si fa vedere. La carcassa della povera bestiola si sta asciugando, appiattendosi, e i vermi sono scomparsi. Tutto è asciutto, il caldo estivo sta lavorando in fretta e bene, non c’è quasi più odore e la pelliccia ha ormai una tinta grigia che non riconosco più. Il Servizio Municipale arriva a lavoro ultimato, la natura ha fatto il suo corso, e la pinza del netturbino preleva una mummia perfetta, rigida come un cartone, buttandola nel camioncino. Tutto finito, come se non fosse mai esistito. Ma non per me. Quanto mi ha insegnato quel povero micio. Nessuno lo sa. Oggi Cristo è risorto, la vittoria dello spirito sulla carne, sulla materia. Grazie a quel piccolo felino, ho cominciato a capire.
Pandemia. Dal greco pan (tutto) e demos (popolo). Tutto il popolo. Tutti a casa, per giorni, per settimane. I socials traboccano di commenti, tantissimi stupidi, tanti spiritosi, ragionati o arguti. Si cerca di passare il tempo. Gli italiani sono un popolo intelligente, che ha sempre saputo vivere. Sa cavarsela, reagisce e combatte, prevalentemente in forma individuale. Per questo, mi lasciano perplessi gli striscioni appesi ai balconi, un colorato “andrà tutto bene” poco convinto. Nessuno sa come andrà a finire. Striscioni e canti sul terrazzo cercano, semmai, di allontanare il panico, la paura dell’oggi, e del domani. I media ripetono le stesse cose fino allo sfinimento, mancano le comunicazioni essenziali. Che forse non arriveranno mai. Basterebbe un po’ di onestà intellettuale; chi ha contagiato il prossimo non dovrebbe essere ignorato. Anzi, proprio questa diffusa omertà mi suggerisce che sono stati i comportamenti rischiosi a scatenare la pandemia. Silenzio, quindi…. colpevoli come un bambino che ha commesso una marachella e non la confesserà. Zitti, zitti, …. meglio nasconderla. Certo, gli anziani sono i più vulnerabili. Hey! Pronto? C’è qualcuno? C’è qualcuno qui talmente coraggioso da urlare la verità? O pronto a sentirla? Vediamo un po’….Saremmo pronti a sapere che il fruttaiolo sotto casa frequenta le prostitute in strada? Certo che no…La sua vicinanza agli anziani del quartiere fa bene alla loro anima….La prostituzione, come la promiscuità, è la patria dei contagi, virus e batteri se la spassano in quel genere di contatti. Che dici? Oh, sì. La partita di calcio…. Bergamo è stata massacrata per quei 40 mila tifosi attaccati uno sull’altro. E poi? La fiera di Rimini, a fine gennaio. Be’ a nessuno verrebbe in mente di aver paura di gelati e pasticcini, nemmeno se tutti gli espositori usassero gli stessi servizi igienici…Eppure a quella fiera parteciparono anche gli espositori da Wuhan. Nessuno sembra preoccuparsene. In realtà non si pensa a nulla. Troppo penoso. Dimentichiamoci dell’illegalità precedente. Dello spaccio, dei traffici. Un’indagine di qualche anno fa, ci raccontava dell’enorme consumo di cocaina della Lombardia, i cui residui finivano nelle urine dei consumatori, che potevano essere rintracciati nel fiume Po. C’è un’igiene nell’essere drogati? Ci può essere una quarantena per un tossicodipendente? Direi di no. Chi non ama se stesso non ama gli altri. Se ne frega della salute sua e dei congiunti. Anziani o giovani che siano. Nella Babele italiana, europea e mondiale, dove tutto è permesso, siamo ancora qui a domandarci come sia potuto accadere. Lo schifo diffuso. Ecco come. La maleducazione e il menefreghismo ci fanno credere di essere innocenti. Le discoteche fino a ieri erano strapiene di giovani ubriachi che facevano mattina alitandosi in faccia e urlando in preda alle pasticche. Ce ne siamo dimenticati. Oggi però vediamo alla tv gli ospedali al collasso, con le sale di rianimazione colme di gente intubata che sta male, malissimo. Chiusi in casa, immobili e terrorizzati da quelle immagini, cerchiamo una via di fuga. Chiusi in casa. Lievito. La parola più usata nell’ultima settimana, in tutti i socials. Lievito. Sparito dai supermercati, vi spiego come fare il pane, la pizza. Gli italiani vogliono la vita. Vogliono il pane, il suo profumo, la sua bontà. Vogliono vederlo crescere, come un bambino, come una vita nuova, pura.
Coccolano la farina, la impastano, la curano, le danno una forma familiare e antica. Il pane. La vita dell’umanità. Qualcuno ne ha assoluto bisogno, lo vede come un nuovo giorno, pulito, puro, conosciuto, profumato come un bebè che guarda la madre che lo allatta. Pane, cura di tutti i mali. Cerchiamo un rifugio sicuro, un posto dove stare, dove ricominciare. Sei tu?
Primo giorno di primavera, bello pesante per me. Io sono sempre in mezzo alla natura, aspetto sempre questo giorno, per abbracciarla a pieno, godermi i primi alberi in fiore, i primi uccellini che ritornano, le mie giornate dedicate al trekking. Quest’anno no. Ti devo guardare dalla finestra, mentre tu continui la tua rinascita, e io resto ferma qui, a goderti da un altro punto di vista. Un po’ limitato, ma fattelo dire che sei sempre bellissima! La mia stagione preferita <3
“Volevo solo essere amato”
Un risveglio pesante, da urla disperate, pianti, e le tue urla in piena crisi di nervi… questa quarantena a chi soffre di depressione come te, è un vero male. Spesso, questa patologia viene sottovalutata.. e noi l’abbiamo fatto, perché erano ormai più di trent’anni che ti vedevamo bene, e felice.. e poi stamattina? Cosa ti è successo?! Ho aperto le finestre e non eri lì a passeggiare in giardino, ma lanciavi cose, in un nano secondo sono arrivati, ti sono saltati addosso e legato, mentre urlavi che volevi esser amato. Che da tempo in casa tua non c’era più felicità, che fingevi per metterti in pari con gli altri, che il lavoro non andava, ma non ci pensavi perché eri libero di far le tue passeggiate, ma chiusi in casa i pensieri fanno quello che vogliono, e chi è già fragile, arriva il peggio. Ti chiedo scusa, se ti abbiamo dato spesso per scontato. Se forse anche io nel mio piccolo non ti ho mai fatto sentir voluto bene. Ma sappi che tutti te ne vogliamo. E che aspettiamo che ritorni in fretta, e bene. Senza più fingere allegria…