In questa pagina: aforismi, frasi e riflessioni.
All’imbrunire sulla battigia le idee prendono la loro forma più tangibile.
Dunque se vi siete incamminati sulla battigia ed avete voglia
di lasciare la vostra impronta su questa sabbia,
potete aggiungere il vostro pensiero nei commenti,
e i vostri aforismi o le riflessioni più belle e che ben si sposano
con la brezza di questa battigia,
entreranno a far parte della battigia del naufrago!
(*) Per aggiungere il vostro pensiero, scorrere tutti i commenti fino a toccare il fondale della pagina.
198 COMMENTI
Talvolta, chi cerca un ago in un pagliaio, trova un tesoro.
Regione arancio. Mancanza d’aria. Esce David Bowie In Jazz. A jazz tribute to David Bowie. Apro la finestra, manca l’aria, ossigeno, ossigeno…Insediamento di Biden. Vaccini e balle. Manca l’aria, aria, aria.. ..brava …entra…. qui…vieni ….brava…sì, così…Note e piano. Ground Control to Major Tom. Una carovana di migliaia di persone parte dall’Honduras per gli Stati Uniti. Di nuovo. Ancora e ancora. Let’s dance…piano version. Borbotta anche la caffettiera. Rassicurante e profumata. Caffè del centro America. Che c’entro io? C’entro. Aria.aria.aria fresca. Possibile reinventare il futuro? Sì. Solo riscrivendo al meglio il passato. Change it. Is there life on Mars? Forse. Grazie David. Sei stato un grande. Mi aiuti anche oggi, stasera, a finestra aperta, con gli artisti che ti hanno amato, reinventato, riscritto al meglio. Un Bowie nuovo, un David in jazz che mancava. E oggi, finalmente, c’è.
L’America è come babbo Natale,
che viene a portarti il tuo regalo e lo scarta con te sorridendo, tenendoti seduto sulle sue gambe paffute, e quando dopo esserti gustato questo incredibile momento lo saluti con affetto e gratitudine, lui ti presenta il conto.
Giorgio Giasiranis
09/09/2020
I dream a world without American dreams.
12/12/2020
Tre milioni e cinquecentoquarantasettemila euro. Appena leggo il prezzo di questo lussuoso appartamento, messo in vendita nella mia città, mi incuriosisco e apro la pagina web. Grandissimo, bellissimo, un restauro perfetto. Quasi. Noto con meraviglia un dettaglio importante. Esattamente come in tutte le nuove costruzioni o ristrutturazioni, …. la cucina non c’è. Possibile? L’essere umano non si nutre più? Vediamo. Che cosa sostituisce la tradizionale cucina, piccolo o grande vano dove la famiglia si riuniva, chiacchierava, litigava, rideva, mangiava? Oggi troviamo un triste “angolo cottura”, che per attrarre il compratore, nonostante la sua collocazione marginale e dopo lo scippo della sua atavica dignità, si traveste di high-tech, mescolando acciaio e cristallo, nuovi materiali all’avanguardia e, per carità, assolutamente non inquinanti ed ecosostenibili. Qualcuno, qui, ci sta comunicando qualcosa. Per favore non toccarmi. Mi sciupo, mi graffio, non sopporto gli acidi, le fritture, le grigliate. Lasciami qui, nel mio splendore da catalogo, non farmi fare la fine delle mie antenate, di legno massello, di fòrmica, di…orrore! muratura…..Unte e logore per l’uso, le cucine degli anni passati quasi conversavano ad alta voce con la persona che se ne serviva. Un feeling consolidato nel tempo dove lei, di solito una donna, ne capiva le potenzialità e scovava ogni angolino utile a riporre pentole e padelle, trovando tutto al momento giusto, magari nella fretta di preparare un pasto veloce. Nella testa della cuoca si aprivano mille cassetti, portelli grandi e piccini, colini e mestoli, cucchiai di legno e coperchi, prima ancora di aver prelevato dal frigo il necessario. Ma si possono, oggi, usare quegli anonimi angoli cottura? Può un divano essere investito dall’odore di un intingolo, una poltrona dal profumo di cipolla, una tenda dallo stufato del giovedì? Verranno a cena i nostri amici, per andarsene via con i vestiti profumati di pesce fritto? Qualcuno, già da tempo, ci ha insegnato la solitudine e la tristezza. I film americani espongono da decenni cucine anonime sempre immobili, con il microonde appoggiato al piano di lavoro che attende il suo momento di gloria quotidiano. Al massimo una telefonata per un pasto a domicilio , ma più spesso il precotto del supermarket faceva da padrone. Per una serata diversa, il “cinese” o il “coreano” in scatole di cartone con bacchette poteva far una certa impressione. Ma noi non siamo americani. Ci siamo ribellati? Sembra di no. La stanza denominata cucina, a partire dagli anni ’60, ha cominciato ad essere un po’ boicottata nella sua collocazione. Quasi sempre con le finestre volte a Nord, un po’ per lasciare entrare il sole piuttosto nella zona giorno, dove si vive di più, salotto o soggiorno, un po’ con la scusa che in cucina “fa caldo” e dell’esposizione a sud non c’era bisogno. Anche le case signorili avevano le cucine esposte a nord oppure ad ovest, tanto lì ci vivevano le colf e il personale pagato, non il proprietario, il quale attendeva nella calda e confortevole sala da pranzo, esposta alla luce, che gli venissero servite le pietanze preparate lontano dai suoi occhi e dal suo naso. Ma oggi? La famiglia vive fuori casa. Impegni e lavoro, scuola e sport, tutti fuori, tutto il giorno, tutti i giorni. Tempo per la cucina non ce n’è . Si mangia fuori, o si ordina con un tocco sullo smartphone . L’angolo cottura ringrazia, si conserverà perfetto. I tempi cambiano. Ma torniamo all’inizio. Vediamo, penso all’acquirente dell’annuncio immobiliare. Per 3.547.000 euro lui ha un meraviglioso salone firmato, con rifiniture di lusso. E angolo cottura. Che se ne fa? Lui non cucina, al massimo può farsi un caffè. Oppure una spaghettata in allegria con gli amici, o magari servirsi di un catering. Il risultato? Piatti sporchi, un paio di strofinacci, bicchieri da lavare, una pentola, una lavastoviglie high tech in funzione….Il tutto conversando con gli ospiti, nel suo salone milionario vista mare? Un pensiero mi sfiora. E se invece…. fosse il contrario? Tu, cucina. Tu, famiglia. Voi, chiacchiere, odori, discussioni, risate. Vi abbiamo distrutto. Eliminato. Ci vergognavamo di voi. Antiquati, fuori tempo, vecchi. E adesso? Non possiamo farvi resuscitare. Ormai è fatta. Non ti posso rianimare, cucina mia, adorate quattro mura di felicità. Si può rimediare? Forse. Per non perdere la faccia, per non dichiarare la nostra sconfitta sociale, per far vedere che abbiamo le idee chiare, che – no – non ci siamo sbagliati, non torniamo indietro, mai. Piuttosto facciamo finta che. E inventiamo un nuovo ambiente, più ampio, luminoso, con quell’angolo cottura messo lì apposta per farci ricordare i bei tempi andati, ma senza recriminazioni, nessun pentimento, e possiamo stare di nuovo insieme, sì, anche oggi, sì, parliamo, discutiamo, sì, mastichiamo, ridiamo. La recita, la finzione, in questo mondo finto, di apparenza, la sostanza è tutta qui, in questi nuovi spazi, creati sulla falsa riga di un ricordo annebbiato che non ci appartiene ma ci manca. E pensiamo a quanto siamo felici di stare di nuovo a tavola, assieme, mangiando il sushi freddo di frigo nella sua confezione di bioplastica che fa bene all’ambiente.
Il “focolare domestico ” ha perso la sua Dea del fuoco. Estia: dove sei?
Abbiamo avuto la stessa necessità di esprimerci sullo stesso argomento, con immagini differenti, nello stesso istante.
Assurda sincronia casuale e meravigliosa.
È bello leggere tra tra una riga e l’altra della propria vita.
L’essenziale è invisibile agli occhi, ma ogni tanto qualcuno lo vede chiarissimo. ?
Ti vedo dall’altra parte della stanza. Io sono nascosta nell’armadio, pronta a farti spaventare. Tu sei lì, bello. Bellissimo, con i capelli nerissimi, gli occhi leggermente a mandorla e così scuri che mi perdo ogni volta. Ma ti giri verso di me, forse mi hai vista, oramai mi conosci bene, sai bene che mi diverto a farti spaventare, così per “punizione” mi insegui e mi riempi di baci. E ti vedo, anzi purtroppo per le mie povere orecchie, ti sento stonare. Cambi una strofa strofa della canzone e mi fai ridere così tanto, che casco. Ed ecco cos’era! Una trappola per potermi prendere e tu per non prenderti un colpo tutte le volte. Siamo a terra entrambi e scoppiamo a ridere. Hai le lacrime agli occhi. Poi ti fermi, cerchi di fare il serio e mi dici “Questo che stiamo vivendo, è tutto quello che so sull’amore” niente io non so esser seria, ti guardo e rido ancora a più forte. Però sì, l’ammmmore è questo. L’amore sei tu. Siamo noi.
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❤️