In questa pagina: aforismi, frasi e riflessioni.
All’imbrunire sulla battigia le idee prendono la loro forma più tangibile.
Dunque se vi siete incamminati sulla battigia ed avete voglia
di lasciare la vostra impronta su questa sabbia,
potete aggiungere il vostro pensiero nei commenti,
e i vostri aforismi o le riflessioni più belle e che ben si sposano
con la brezza di questa battigia,
entreranno a far parte della battigia del naufrago!
(*) Per aggiungere il vostro pensiero, scorrere tutti i commenti fino a toccare il fondale della pagina.
198 COMMENTI
Dobbiamo essere consapevoli che in una società altamente globalizzata e omologata come la nostra, ci sono due possibilità di approccio verso l’altro: o siamo tutti importanti in egual modo, oppure nessuno è importante. Scegliere la giusta strada da seguire per il futuro dell’umanità, parte da noi, da ognuno di noi.
Il popolo sovrano.
Chi è?
Quello che decide.
Che cosa?
Il destino di una Nazione democratica.
Sulla carta. In realtà quel popolo dovrebbe essere maturo, responsabile, saper leggere e scrivere, e far di conto.
La nuova legge elettorale prevede che alle elezioni politiche la scheda sia provvista di un bollino antifrode.
Leggo sul web.
“Per evitare che si verifichino brogli e il fenomeno della cosiddetta “scheda ballerina”, la pratica illegale che prevede la sostituzione della scheda elettorale all’interno della cabina con una vidimata e compilata che viene inserita nell’urna al posto di quella consegnata al seggio”.
Uhm… molto interessante.
Se capisco bene, si verificava regolarmente, fino ad oggi, anno 2022, un certo “fenomeno” di sostituzione della scheda all’interno della cabina elettorale. Ma, mi chiedo, destinata a chi? Agli analfabeti? Non credo, o quanto meno spero che non ce ne siano molti. Forse i simboli appaiono spesso complicati? C’è la possibilità di sbagliare? Nemmeno il voto cosiddetto clientelare è semplice? O l’elettore italiano è un inguaribile pigro, ignorante e pressapochista , che preferisce avere la pappa pronta, senza sforzo?
Immagino la scena.
“Ecco, tieni, prendi la scheda, mettila in tasca. Quando vai al seggio, ritira la scheda e la matita e vai in cabina. Poi metti in tasca la scheda che ti hanno dato loro e tira fuori quella che ti ho dato io. Esci e consegnala assieme alla matita. Tutto chiaro, no? Non confondere le tasche….”
Purtroppo non è un film di Totò e Peppino, ma una triste realtà di questo povero paese.
I boschi bruciano. Il fuoco sta divorando ogni cosa nell’indifferenza di chi dovrebbe conservare il nostro ambiente. Solo alla fine, qualcuno chiama il Canadair. Finalmente. È lui, a salvarci. Quel pilota, un vero eroe, fa la spola tra i roghi e il mare, dove imbarca l’acqua salata da gettare nell’inferno rosso per ore, ore, ore. Un grande. Chi sarà? Lo ammiro, lo seguo, alzo un calice per brindare a lui, al suo coraggio, alla sua professionalità, alla sua energia, alla sua scelta. E penso allo squallore di chi, dolosamente, ha gettato quel mozzicone fuori dall’abitacolo del suo veicolo.
Quel pilota.
Attenzione, concentrazione, non commettere errori. Per ore. Per giorni.
Tornerà a casa stremato, avvilito, pronto a ricominciare domani.
Troverà qualcuno ad accoglierlo? Troverà calore, amore, un pasto caldo, per ricominciare domani?
Con stupore ammiro quei ricami. Sant’Orsola è la protettrice delle giovanette, la sua storia ha dell’incredibile.
Orsola è una femmina bella, figlia di un re bretone, nel V secolo. Viene chiesta in sposa da un principe pagano, ma lei, devota alla Chiesa, chiede tre anni di tempo prima di dire di sì, per poter fare un pellegrinaggio a Roma, essere ricevuta dal Papa, e così le viene concesso. Si mette in viaggio, dicono, con undicimila vergini, viene ricevuta dal Papa e fa ritorno a Colonia. Qui, Attila, che ha già posseduto il territorio, la vuole, bella com’è. E lei rifiuta. Gli Unni uccidono il suo seguito, le undicimila vergini vengono trucidate come pure viene uccisa lei, Orsola. Da qui, le Orsoline, prendono il nome dalla protettrice delle giovanette, per educare, per lunghi trecento anni, nel monastero di Gorizia, le giovani abbandonate o a rischio. La città dedica loro una mostra per non dimenticare. L’educazione, il lavoro, la fede. Nel monastero si insegna l’educazione, la pulizia, leggere e scrivere, il lavoro. Il ricamo. Eccola, la mostra dell’anno.
Con stupore, ammiro quei ricami. Le giovani arrivate al monastero vengono indirizzate alla pulizia, alla educazione e alla bellezza. Imparano a ricamare. Non semplici ricami, ma dei veri capolavori che serviranno alla chiesa e ai loro parroci durante le celebrazioni. Si chiama “manifattura conventuale” quest’arte. In parole semplici, funziona così.
La ricetta: si prendono degli abiti vecchi che qualche signora benestante non mette più, donati al monastero. Si tagliano con cura per riadoperarne le parti intatte, mentre quelle logore si fanno a pezzettini con le forbici. Serviranno a creare dei fiori da cucire sugli abiti da messa. Ci si mette al lavoro, con disegni floreali disegnati su cartoncini. Si bucano con un ago tutti i contorni del disegno, sì da poterlo cospargere con polvere scura appoggiandolo al tessuto. Quello intatto, la stoffa ancora buona da usare. I buchi fatti con l’ago lasceranno passare una traccia che farà da sentiero per la ricamatrice. Le vesti liturgiche vengono così confezionate da splendide ragazze educate alla creazione della bellezza, salvate dalla strada, dalle brutture del mondo. Sorgono, da quelle dita giovani, magnifici garofani di seta, a punto pittura, rose, foglie e violette a rilievo, inframmezzate da ghirigori argentei o in filo d’oro. Si chiama “agopittura” questa tecnica difficile, creata dalla mente umana per esprimere una forza straordinaria che vuole uscire, prepotente, dalle mura chiuse ma grate, riconoscenti, verso chi, con un impegno di fede, l’ha fatta venir fuori questa urgenza di bellezza, di energia, di amore, dal cuore di quelle giovanette, pure e del tutto estranee al mondo crudele che le ha create, come allora, le vergini di Orsola, proiettandole in una realtà che non le merita, nè ieri nè oggi.
Così mi immergo in questi capolavori sconosciuti. Ho davanti un’arte che non conoscevo, nascosta dal mondo maschile per un’evidente paura del confronto, in tema religioso, con tante altre forme artistiche che servivano allo scopo. Si sono fatti interi trattati sull’arte cristiana, sulle pale d’altare, sugli affreschi delle chiese, e sappiamo i nomi degli autori di tante bellezze. Ma l’arte manuale delle allieve orsoline è rimasta anonima, chiusa negli archivi. Solo grazie alla volontà generosa dell’organizzatrice di questa bella mostra siamo riusciti, solo oggi, a conoscere la preziosa abilità di tante donne, per la realizzazione di capolavori artistici unici al mondo. Un lavoro durato ben 300 anni.
…
Ecco che mi chiedo quanto importante sia la nostra educazione. Alla bellezza, all’amore, alla fede. Niente ci sfiora se manchiamo noi, la nostra umanità, la nostra voglia di sentirci bene. E da qui vorrei partire per analizzare la nostra freddezza nel vedere qualcuno per terra, in una delle nostre belle città, magari affamato o malato. Non lo vediamo neppure. E se chiediamo l’intervento dei sanitari per poterlo aiutare, ci sentiamo rispondere: “può dirci se respira? Dà fastidio a qualcuno?”. Che fare? Passiamo oltre, come tutti gli altri, e non ci pensiamo più.
Hai lanciato un dardo di cultura sulla provocazione che ho pubblicato ieri, facendo pieno centro! Grazie come sempre Fulvy per i tuoi preziosi contenuti che donano sempre qualcosa all’anima di chi legge ☺🙏
Grazie, a te Giorgio. Riesci sempre, giustamente, a provocare una reazione a chi ti legge. Dobbiamo, vogliamo, reagire.
La civiltà umana perde tutte le volte che un essere umano muore per strada nell’indifferenza dei suoi simili.
Giorgio Giasir
23/07/2022