In questa pagina: aforismi, frasi e riflessioni.
All’imbrunire sulla battigia le idee prendono la loro forma più tangibile.
Dunque se vi siete incamminati sulla battigia ed avete voglia
di lasciare la vostra impronta su questa sabbia,
potete aggiungere il vostro pensiero nei commenti,
e i vostri aforismi o le riflessioni più belle e che ben si sposano
con la brezza di questa battigia,
entreranno a far parte della battigia del naufrago!
(*) Per aggiungere il vostro pensiero, scorrere tutti i commenti fino a toccare il fondale della pagina.
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Questo maggio piovoso è eterno. La voglia di calore e aria asciutta mi impone di pensare alle mie vacanze al caldo. Pure a novembre, la Giordania è calda. Il deserto di Wadi Rum è rosso brace, così pure la splendida Petra. Non immaginavo di avere un pomeriggio libero, in quella vacanza. Tanto meno di avere l’occasione di immergermi nelle calde acque del Mar Rosso. Ci facciamo portare da un taxi, e preferiamo la spiaggia dei “locali”, non dove vanno i turisti occidentali, ma quella frequentata dalla gente del posto. Eccola. Niente di speciale; i giordani piantano la loro tenda sulla spiaggia per la loro privacy e per permettere alle loro donne, che fanno il bagno completamente vestite, di cambiarsi gli abiti bagnati. Sono simpatici, i giordani, e stupiti un po’ della nostra presenza. Ci offrono semi di melone da sgranocchiare e ci guardano mentre ci accingiamo ad entrare in acqua. Appena dentro, le onde mescolano la sabbia e non mi permettono di vedere sott’acqua un gran che, per cui inizio a nuotare un po’ deluso. Dopo neppure venti bracciate vengo colpito al cuore da una bellezza inimmaginabile. Sotto al mio corpo, un acquario tropicale si estende a vista d’occhio senza soluzione di continuità. Centinaia di pesci multicolore danzano attorno a me, di ogni specie e grandezza, mi sorprendono con tinte sgargianti o pungiglioni, le murene sono azzurre, qui, e i pesci pagliaccio vanno e vengono dai coralli colorati quasi scontrandosi con i pesci scatola e trombetta. La mia emozione è fortissima e non vorrei uscire più da quel mondo, un vero paradiso sommerso. Una volta fuori, alcuni ragazzi ci fanno vedere un pesce palla che hanno lasciato sulla battigia. Il povero pesce, ancora vivo, si è gonfiato per difendersi, e mette in bella mostra le sue ritte spine. Sono emozionato, non credevo di provare una sensazione così netta di meraviglia e ammirazione per quel mondo nuovo, per me sconosciuto. Abbiamo poco tempo, dovremo asciugarci e tornare, che peccato, vorrei rifarlo, vedremo, forse domani, chissà, intanto sdraiamoci sull’asciugamano e tra un po’ i taxi verranno a riprenderci. Mi siedo a gambe incrociate e mi guardo attorno. Le famiglie rilassate, qualche uomo ha messo una sedia nell’acqua bassa per stare comodo e con i piedi a mollo. Mi volto. Dietro a noi, una famiglia ha piantato la tenda ma sono tutti in acqua a rinfrescarsi. È rimasto all’asciutto solo un ragazzino, disteso a pancia sotto sull’asciugamano. Avrà 13 anni, più o meno, e ci sta guardando. Il nostro gruppo di amici non è giovanissimo, tutti oltre la quarantina, ma lui sembra interessato ad una persona in particolare. La guarda insistentemente, non stacca gli occhi da quella che potrebbe essere sua madre, o forse anche sua nonna. Elsa è l’unica ad essere in bikini. Ci hanno avvertito, le nostre guide, di essere non troppo nudi in spiaggia, ma lei non ci ha fatto troppo caso, il suo bikini dalle nostre parti è un semplice e comune costume da bagno come se ne vedono a migliaia. Ma lì, ad Aqaba, Giordania, nella spiaggia dei locali, non se ne vedono affatto. Le donne sono coperte dalla testa ai piedi. Sempre. Lo guardo. Quel ragazzino mi sta spaccando il cuore, si vede la sua emozione, il suo stupore, la sua curiosità, la sua eccitazione, forse la prima della sua vita. Mentre nessuno si cura di lui, i miei amici parlano e ridono, si muovono, si girano sui loro asciugamani, Elsa si distende, ride, si muove, tutto il mondo comincia a muoversi e non si ferma più. Il ragazzino non si accorge che lo sto guardando, è immerso nel suo sogno, le sue braccia sono nascoste dall’asciugamano che si è buttato sulla schiena per coprirsi, ed inizia a muoversi piano, i suoi genitori stanno facendo il bagno, i suoi fratelli si tuffano di continuo tra le onde e non lo vede nessuno, no, non lo vede nessuno mentre le sue mani sono nascoste e lui crede di essere da solo, per la prima volta, solo con una donna, quanto sei bella Elsa, io no, non pensavo, non credevo possibile di vedere questo, di sentire questo, è un miracolo, che succede, non mi vede nessuno, nessuno, nessuno.
Quanta tenerezza in quel bambino. Il suo volto è diventato rosso, si calma piano, gira il viso dall’altra parte, forse piange, forse ride, chi lo sa.
Questa giornata è stata emozionante per me. Il paradiso marino che ho appena visto , rimarrà nella mia mente e nel mio cuore per sempre.
Questa giornata è stata importantissima anche per lui. È diventato uomo. La visione di quella straniera svestita gli ha aperto un mondo che rimarrà nei suoi ricordi per tutta la sua vita. Anche Elsa ha trascorso una giornata indimenticabile. Ha emozionato un giovane uomo fino all’estasi, senza saperlo.
Quanta verità in queste parole…
sensazioni provate sulla mia pelle ….
Quante giornate chiuse in casa , rinunciare ad una passeggiata nel parco, uscire di sera , ed è vero si, basta essere gentile o avere un sorriso pronto che subito viene interpretato come un invito…
E cambi… e stai attenta …. a qualunque stupida cosa devi fare anche a come parlare …
Tutte noi penso abbiamo provato e proviamo quello che ha provato Chiara…
Anche la giovane donna con le auricolari immersa nei socials…
Ero piccolo che uscivo in strada. Da solo. Come gli altri. Nessuna paura, si andava da un portico all’altro a giocare con i sassi. O a carte. O “in campagnetta”, la striscia di erba incolta che circondava gli edifici popolari. Potevamo farlo, non c’erano pericoli. Poche macchine in transito, niente loschi figuri nei paraggi. Potevamo ancora conoscere l’altro, il bambino che giocava con noi, e guardarlo negli occhi. Scrutare le sue reazioni, le sue mosse, per agire di conseguenza. Non come oggi, con gli smartphone. La realtà sfugge di mano ai bambini di oggi. Non capiscono chi hanno davanti, gli amici, i nemici, di chi fidarsi e chi no. E poi potevamo guardare loro. Le bambine. Seduti sui muretti, avevamo le nostre ginocchia sbucciate accanto alle loro gambe che spuntavano dalle gonnelline di cotone a fiori; sembravamo già grandi nei nostri discorsi impegnati, facevamo finta di avere delle opinioni da adulti.
Ha 7 anni Chiara quando il suo papà, come fa spesso, la manda a comprargli le sigarette. Dal portone al negozio, solo 15 metri da percorrere in solitaria. La piccola si accorge che un vecchio (vecchio? chi lo sa?) la sta guardando mentre chiacchera col tabaccaio. Uscita fuori, si sente una persona alle spalle che, appena entrata nel portone, si infila nell’atrio con lei, di rapina. Un attimo: Chiara si volta di scatto e lo vede. Vede lui, il vecchio di prima l’ha seguita, che nello stesso istante le mette da dietro una mano tra le gambe per prenderla in braccio e le propone di accompagnarla a casa. Terrorizzata, la piccola ha il cuore a mille, le si chiude la gola, si divincola in un attimo e riesce a liberarsi mentre lui non insiste. Corre come una pazza su per le scale, sei piani di corsa, i bambini lo possono fare, sì, e corre dal suo papà. Riferito l’episodio, l’uomo resta sorpreso e arrabbiato, decide di non affidarle più commissoni da sola. E’ già cresciuta la mia bambina? Forse quell’uomo non aveva cattive intenzioni. Però Chiara, la mia piccolina, dimostra più degli anni che ha. Al cinema della parrocchia, ci vanno tutti, soprattutto bambini e adolescenti. Che bello, il cinema gratis e tutto il pomeriggio libero. Davanti a Chiara c’è un ragazzo, più grande, che le sussurra frasi sconnesse. Chiara percepisce che c’è qualcosa di sbagliato in quel sussurrare, non sa esattamente che cosa. Però la sua sensibilità le dice di non incoraggiarlo, di guardare da un’altra parte, lei in quel momento semplicemente fa finta di non essere lì. Passa il tempo e la sua adolescenza è vissuta più come un disagio che come un periodo bello della gioventù. La sua statura, è alta Chiara, la fa notare quando passa. Ma lei non vuole, non cerca l’attenzione. Il suo corpo la imbarazza, lo vedono tutti, ma perchè non posso vivere la mia vita senza tutti questi occhi su di me? Sugli autobus le mani degli uomini ogni tanto tentano l’approccio, che schifo, ma che succede? Si sposta, si divincola e addirittura si sente apostrofare: “Be’? Niente di male…”. Ne prende atto. Comincia la sua vita da donna. Per strada capisce, d’istinto, che guardare davanti a sè significa incrociare gli sguardi degli uomini che a loro volta, se li guardi, si sentono invitati. Va bene, non guardo più avanti. Guardo le vetrine, per terra, per aria. La mia libertà è andata. Loro possono, sì, i maschi, possono tutto. Io no. Nemmeno guardare davanti a me mentre cammino. Inizia a lavorare come impiegata e pure in quel luogo professionale, serio, deve cambiare la sua personalità. Troppo bella. Come mai le troppo belle sono spesso stronze? Perchè si difendono. Chiara infatti capisce che non può essere se stessa, allegra, solare, come è la sua indole perchè ciò comporta un invito al mondo maschile. Qualunque uomo, anche brutto, anche vecchio, si sente adulato se una bella donna gli si rivolge col sorriso e con la dolcezza, con l’intelligenza della battuta, con il capirlo al volo, con la disponibilità. Lui, poverino, crede che questa fata si sia improvvisamente invaghita di lui, chissà perchè, povero uomo stupido, senza qualità, tanto arrogante ed egocentrico da meritare l’allontanamento a vita. Perchè tu, stupido uomo, la inviti a cena? Perchè la offendi sul posto di lavoro? Lei è gentile e sorridente, credi lo faccia perchè ha te davanti? Però è lei che paga il prezzo. Reagisce anche questa volta e cambia. Non lo fa più. Falsa il suo essere, il più profondo, il più bello. La sua spontaneità. Sta ora molto attenta a come parla, a come si atteggia, fa vedere di essere fredda, un vero ghiacciolo. Ma Chiara non è così. La costringe il mondo dei maschi, sempre a caccia, sempre affamati, sempre ciechi di fronte a lei. La donna. Chi è? E’ quella che si innamora, quella che fa figli, colei che manda avanti la famiglia di lei, di lui, di tutti. E’ quella che rivede lo stesso copione ripetuto migliaia di volte. Se sei troppo bella sei mia, se sei troppo capace mi fai ombra e ti devo distruggere. Se sei ferma nei tuoi propositi sei acida, se hai delle ambizioni vuoi fare l’uomo. Se hai delle passioni, non sono le mie. Quanta guerra, quanta fatica, Chiara. La tua intelligenza ti ha fatto superare questi anni di continua allerta. L’uomo non sa. L’uomo non ha la più pallida idea del continuo guardarsi attorno della donna nel corso di tutta la sua vita. Sempre sotto attacco. Sempre preda. No. Il maschio vive come se su questa terra ci fosse solo lui. Lavora, si preoccupa del bene proprio e degli altri, dispone o accetta, viaggia o si riposa, si innamora oppure no. Ma non vive costantemente sotto osservazione. Non sa cosa sia annusare l’aria ogni istante per capire se c’è un nemico in agguato. Posso o non posso fare questo o quello? Non si pone alcuna domanda. La strada della sua vita è dritta, quella di lei non lo è. Chiara deve adattarsi alle situazioni che incontra ogni istante, scegliere la più appropriata, per evitare la catastrofe. Lo saprà, alla fine, se ha agito per il meglio, per sopravvivere. Ma dov’è la bella bambina con le ginocchia penzoloni seduta sul muretto? Il suo sorriso intelligente, i suoi occhi azzurri e indagatori, il suo bel viso raggiante di felicità quando la guardavo un po’ più a lungo. Femmina. Sei meglio, sei più grande di noi. Sai più cose. Sai vivere. Sai lottare. Ti adatti, perdoni, castighi, giochi. Fai più di noi. Ma anche la tua grandezza, oggi, è in pericolo. La giovane femmina che vedo ogni giorno scendere le scale del mio palazzo con gli auricolari e lo smartphone in mano, non conosce la realtà che la circonda. La sua sensibilità di donna è stata assorbita completamente dai socials che segue giorno e notte. Nessun allarme, nessuna deviazione nel suo percorso, nulla da scansare o da rifinire. Non cresce, la femmina che è in lei. E’ morta, purtroppo. E io sono qui, che penso a lei. La guardo, e piango.
La guardo e ci avviciniamo. Non necessita di parole questo abbraccio. Una calamita. Un’azione irresistibile. Incontenibile. Lei su di me. Le sue braccia mi avvolgono e mi cingono la schiena. La circondo con le mie. Stesso copione. Nessuna resistenza, naturalità della comunicazione. Il mondo si ferma e non sentiamo altro che il nostro respiro. Se fa caldo, la pelle si tocca e si appiccica, il profumo del sapone o l’odore della terra non cambiano l’importanza del gesto. In inverno, il cappotto sa di aria fredda, di gelo esterno che vuole calore, amore, casa. Un abbraccio vale più di tante parole.
Ricordo come fosse ieri la nostra telefonata di tanti anni fa amica mia ..tutto iniziò da lì.. fiume in piena di parole che non avevano fine ed io che non sapevo come darti una parola di conforto ! “accadde tutto una sera, ero in palestra e dopo aver fatto la mia lezione tornai a casa e la chiamai.. lui per un inspiegabile scherzo del destino era dietro due sbarre.. piangevi disperata e non sapevo cosa dire, fare, pensare! Il giorno fatidico arrivò, mi svegliai all’alba anzi a dire il vero non chiusi occhio. Erano anni che non prendevo la metro ed il solo pensiero di dovermi ritrovare intrappolata in mezzo a mille persone mi spaventava ma per te lo feci. Arrivai davanti la porta d’ingresso, mi iscrissi alla lista dei visitatori ed aspettai il mio turno. Quando mi chiamarono il cuore batteva a più non posso e le gambe mi tremavano. Gioia che ti avrei rivisto e mi sarei accertata che stessi bene? Direi di sì! Entrai in una piccola stanza ed inizia a depositare tutti i miei effetti personali, mi denudarono di tutto ciò che non poteva “entrare” lasciandomi sola, con la mia certezza che non era colpa tua!”