Mascherine
Mi sembra di camminare tra centinaia di chirurghi. Ma poi, no, osservo meglio:
non sono professionisti. Anzi, questa è gente che vorrebbe evitare un ospedale il
più possibile. E c’è di tutto. Nelle vie cittadine, l’ordinanza ministeriale prevede
l’obbligo di indossarla e tutti si sono attrezzati. Mi fa un po’ sorridere questa
obbedienza e mi intenerisce la nostra accettazione improvvisa di regole nuove.
Immagino dettate dalla paura. Di venir sanzionati, al più, non di ammalarsi.
Così osservo gli sforzi messi in campo da ognuno, per poter girare tranquillo.
Qualcuno usa la carta da cucina, qualcuno il filtro, giudicato “egoista “.
Qualche anziana signora si arrangia col foulard di Kenzo, resuscitato da un cassetto,
fuori moda ma perfetto per la bisogna.
Chirurgiche, sbilenche, fatte a mano o assurde, le mascherine oggi sono obbligatorie.
Vengo incuriosito da una specie di hippy con la barba lunga, che ostenta sul viso un
telo di garza indiano, con il mantra OHM stampigliato all’altezza della bocca.
Vedo fiori stampati sul cotone, simboli della pace o teschi su fondo nero.
Sembra una moda, più che una necessità. Di nuovo esce l’individuo, con le sue caratteristiche,
che sfrutta questa novità per esibire la propria personalità.
Io-diverso-da-te.
E così sul web vedo la blogger Ferragni, che si sforza di sorridere sotto
la maschera fashion, o il cantante Vasco Rossi che ci rinfresca la memoria
sui movimenti femministi e i loro simboli.
Ma che sta succedendo?
Mi sembra una richiesta di aiuto, questo continuo, inesorabile volere, a tutti i costi, apparire.
Chi c’è dietro la maschera? Hai paura? Di cosa?
Di sparire, di non essere riconosciuto, di rimanere solo?
La tua costante presenza sui social media ha fatto già i suoi danni.
Se non appari, non esisti.
E come puoi apparire, nella vita reale, col viso coperto?
Capisci forse, appena sotto pelle, lo stato d’animo della donna nel mondo musulmano?
Coperta, nascosta, dimenticata,
cancellata, lei non esiste.
Ma non importa, vero? Però oggi vediamo tanta esibizione, filtri, materiali,
sorrisi e Batman o Superman, per scacciare subito via quell’idea.
Quella materializzazione del “numero” umano, tutti uguali, coperti,
anonimi, massa, popolo informe, gregge belante da indirizzare con la forza verso l’ovile.
Non possiamo ribellarci, ovviamente.
Non ne abbiamo la possibilità e neppure l’informazione ci sta aiutando a riordinare i pensieri.
Così ci consoliamo sul web.
I “gruppi”. Molto utili, in questo periodo:
aiutano a sentirsi meno soli, a confrontare le idee, a sfogarsi un po’,
a cambiare, forse, qualche opinione. Così, è tutto un fiorire di “oggi mi hanno sanzionato”, e giù duecento commenti.
Oppure “posso fare questo o quello”, e decine di consigli o recriminazioni.
Meno soli, meno soli, “help me if you can, i am feeling down …”,
cantavano i Beatles. Tutti sono preoccupati di sparire, di essere dimenticati,
abbandonati, soli.
Appena dopo 2 mesi di quarantene e presìdi obbligatori,
oggi finalmente qualcuno si è ricordato dei sordomuti.
Il loro linguaggio dei segni comprende pure la comprensione del labiale che, con la mascherina, diventa impossibile.
Un taglio con le forbici, quindi, alla mascherina, in corrispondenza con la bocca,
e copriamo il “buco” con la plastica trasparente.
Una pratica idea. Ma sono già passati due mesi.
Nessuno ci aveva pensato.
Niente cuoricini, fiori, Batman, Simpson, qui.
Pensiero e solidarietà per gli altri.
Dove sei?
“Help me get my feet back on the ground”, cantavano i Beatles.
“Won’t you please, please help me?”
L’anonimo artista della battigia
Pubblicato su:
“Brezza di mare”
il 18/04/2020